Leggendo
l’intervista all’Assessore Zandonella (libertà 04-02-2020) sul tema immigrazione si possono trovare
spunti di riflessione per una discussione aperta.
La frase che mi
ha fatto riflettere maggiormente è sul finire del pezzo, dove l’Assessore in
buona sostanza afferma che no, non si possono definire piacentini coloro che
non hanno qui le proprie radici, anche se da anni hanno scelto di vivere e
lavorare sul territorio. In questa frase si ravvisa la vera chiusura, la
visione dell’immigrato come una minaccia da scongiurare.
La vera svolta
dal punto di vista culturale sarebbe nel dire che a Piacenza non ci sono
stranieri, perché chi ha scelto di viverci fa parte della stessa comunità. Certamente i problemi esistono,
l’integrazione è tutt’altro che scontata, per incanalarla sui binari giusti
servono politiche che la favoriscano, abbandonando gli slogan volti unicamente
a gettare benzina sul fuoco. Gli episodi d’intolleranza e odio frutto di queste
logiche sono si una vera emergenza.
Altro aspetto
fondamentale è la connessione dei migranti con il mondo del lavoro: in buona parte, sono manodopera ad oggi
ancora fondamentale che – in loro assenza o indisponibilità – nessuno
assicurerebbe (vedi servizi, logistica ed edilizia). Le prime generazioni
soffrono questo gap in particolare, e per poter integrarsi, crescere i figli,
accettano di buon grado lavori umili. E comunque il lavoro stesso è da considerarsi
perno del processo d’integrazione: nel contesto stesso si possono apprendere
regole, abitudini e anche la lingua.
Il muro psicologico che cita l’Assessore è rappresentato
dalla strategia attuata dal suo stesso leader, d’altronde la lega è il partito che si guarda bene dal partecipare
alle riunioni per modificare il trattato di Dublino (invito chi non lo avesse
fatto a vedere il video di Elly Schlein e Salvini), sostanzialmente perché
vuole che il sistema resti com’è, potendo usare i migranti come mezzo di
propaganda. Ed è sempre la lega che con il primo decreto sicurezza ha abolito
la protezione umanitaria e di fatto aumentato il numero di irregolari in
Italia. In pratica tutti coloro che non avevano il permesso umanitario in base
al decreto sono stati -di fatto- messi in strada e quindi si sono riversati
nelle piazze, nelle strade e nelle stazioni.
In Italia e in
Europa c’è invece bisogno di una svolta in tema politiche d’immigrazione; le
scelte dovranno essere nette, tenendo insieme sicurezza e solidarietà,
accoglienza e rispetto delle regole, diritti e doveri. Saranno per questo
fondamentali gli accordi coi Paesi di provenienza per filtrare le partenze e
agevolare i rimpatri.
In conclusione mi
rifaccio all’espressione della Ministra dell’Interno Lamorgese che ha detto
“dobbiamo occuparci d’immigrazione rinunciando all’emozione”, vale a dire non
facciamoci prendere dagli estremismi da ambo i lati.
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