Riflessioni sul
riconoscimento del Centro Islamico come moschea
In questi giorni la polemica su quella che sarà di fatto la
nuova moschea ha raggiunto picchi surreali. Eppure poter pregare il proprio Dio
dovrebbe essere un diritto fondamentale e si fatica a comprendere quale
riluttanza potrebbe esserci nel riconoscerlo formalmente, chiamando con il proprio
nome una realtà che a Piacenza esiste già da oltre un decennio.
Non nascondo che rileggendo Libertà partendo dalle prime
fasi della querelle lo smarrimento aumenta: dapprima la Lega attacca Fdi e
l’Assessore Opizzi rea di non aver stoppato la pratica (a proposito, il partito
di Salvini dov’era in questi ultimi quattro anni di governo della città ?);
successivamente la Opizzi passa da una posizione apprezzabile (“non avrei mai
potuto avere un ruolo fondamentale in questo percorso”) alla divulgazione a
mezzo stampa di una lettera inviata ai funzionari comunali nella quale chiede
ulteriori verifiche e chiarimenti con una tempistica allarmante, dato che
l’iter si è concluso positivamente nel marzo 2021.
Se la difesa dell’amministrazione ricade sul dover di
legalità e trasparenza, e questo nessuno lo pone in discussione, allora per lo
stesso motivo si sgombri il campo da equivoci e si dia risposta alle sei
domande che l’opposizione ha posto all’Assessore Opizzi.
Un altro argomento utilizzato dai detrattori della moschea è
quello relativo alle presunte derive terroristiche. L’On. Foti ha toccato il
punto nell’intervista del 28 marzo u.s. citando quanto sta accadendo in
Francia. Tuttavia occorrerebbe contestualizzare l’opera di controlli che il
Paese transalpino ha messo in campo per contrastare l’estremismo islamico, in
particolare quello connesso al movimento turco Visione Nazionale, braccio
armato di Ankara. Il fondamentalismo è certamente una minaccia per l’Europa e
va combattuto con forza, ma su un tema così delicato, Foti avrebbe dovuto, con
maggior senso di responsabilità, rimarcare la distanza tra quel contesto e il
nostro, di certo non esposto agli stessi rischi.
Apprezzabile, infine, l’intervento del Vescovo Monsignor
Cevolotto che ha sostenuto come sia importante accogliere gli immigrati riconoscendone
anche il diritto a un credo religioso altro, senza scadere nell’utilitarismo:
sono persone, prima ancora che forza lavoro. Non dimentichiamolo.
La pandemia ci dovrebbe unire nella solidarietà,
indipendentemente dalla religione.
ANDREA FOSSATI