giovedì 10 giugno 2021

10/06/2021 - La fine della pandemia occasione per una rinascita della nostra Repubblica




La fine della pandemia occasione per una rinascita della nostra Repubblica

Tante sono state le difficoltà in questi mesi di pandemia. Gli imprenditori e in generale i titolari di un’attività hanno fatto sforzi immani per poter lavorare coprendo a malapena i costi e contando su ristori molto bassi o addirittura inesistenti. I lavoratori meno fortunati hanno dovuto aspettare mesi prima di ricevere la cassa integrazione. La rete del volontariato ha retto pur con un aumento esponenziale delle richieste di aiuto. 

Certo è innegabile che le differenze sociali siano accresciute. Chi se lo poteva permettere bene o male ha continuato a fare la vita di prima ma per molti la chiusura forzata si è rivelata un inferno. Basti pensare che “il rapporto su povertà ed esclusione sociale” della Caritas 2020, sulla base dei dati raccolti nei centri d’ascolto, stima l’incidenza dei nuovi poveri in crescita dal 31% al 45%. Di fatto molti dichiarano d’aver subito una riduzione del reddito familiare, anche tenendo conto degli eventuali strumenti di sostegno ricevuti; per il 15 per cento il calo è di oltre la metà del reddito complessivo. 

Criticità forti si sono manifestati anche nel settore dell’istruzione con la didattica a distanza, uno strumento da coltivare ma a cui si è arrivati a freddo, sia perché le famiglie non avevano pc o smartphone sufficienti, sia perché si è dato per scontato che tutti avessero una connessione internet. E per i genitori la chiusura delle scuole ha significato un carico di responsabilità ulteriore che, unito alle difficoltà economiche, nei casi estremi ha portato a stati d’ansia o depressione. 

Legato a queste considerazioni c’è il tema del calo delle nascite, cosiddetto “inverno demografico”, che sta portando ad un progressivo invecchiamento della società e ad una sproporzione fra il numero degli anziani e quello dei giovani presenti nel Paese (tendenzialmente anche in Europa con eccezione della Francia). I fattori d’influenza sono molteplici, ma le condizioni di vita e lavoro non sono incentivanti ne motivanti a metter su famiglia, e chi decide di farlo è costretto a fare i salti mortali. Il clima generale che si respira oggi è di sfiducia e questo porta in molti casi alla rinuncia o a scegliere di fermarsi dopo il primo figlio. 

L’assegno unico che partirà dal 1 luglio, uscendo dalla logica categoriale per cui solo i lavoratori dipendenti (con basso reddito) si vedono riconosciuto il costo del figlio, è sicuramente un passo avanti, ma se manca una prospettiva è difficile uscire dallo stallo demografico. 

In conclusione la pandemia ha modificato i nostri comportamenti, ha seminato morti e paure, ma può essere l’occasione storica per ricominciare. Proprio come 75 anni fa. 

Ripartendo dai temi più urgenti: lavori e giovani; aiuto agli imprenditori, artigiani e commercianti, fra i più colpiti dalla crisi e contrasto al cosiddetto “inverno demografico”. Tutti temi strutturali che sono sul tavolo della politica da anni e per i quali la crisi innescata dalla pandemia ne ha accelerato l’esame e la richiesta di cambiamento. 

Andrea Fossati 


intervento pubblicato su libertà del 10/06/2021

10/05/2021 - La sicurezza del lavoro una priorità 365 giorni l'anno

Bruno Galvani che organizzò nel 2009 l'iniziativa 1140 croci bianche

pubblicato su libertà il 10/05/2021

A Piacenza, nel 2009, grazie alla splendida iniziativa di Anmil di cui Bruno Galvani era presidente, 1140 croci bianche furono piantate nel vallo delle Mura per ricordare le vittime degli incidenti sui posti di lavoro. Oggi, che a colpire invece più dei numeri sono le storie, è la
morte di Luana d’Orazio, la mamma ventiduenne che ha perso la vita in una fabbrica tessile in provincia di Prato, a riaccendere i riflettori sul tema delle morti bianche. Ma se l’indignazione dell’opinione pubblica da un lato resta alta, dall’altro sono le soluzioni al problema a rimanere, purtroppo, ancora insufficienti. Il tema della sicurezza sul lavoro è infatti uno dei pilastri sui quali non può non reggersi una società che si definisce progredita, moderna, civile. 

Nel 2O21 subire un infortunio invalidante o, peggio ancora, perdere la vita mentre si sta svolgendo il proprio lavoro non può essere più considerato accettabile. Ci sono morti che avvengono perché la sicurezza dei lavoratori non è considerata prioritaria, oppure perché
i lavoratori non sono formati in modo adeguato sui rischi che corrono. Oppure ancora perché rischiano per andare il più veloce possibile, in un mondo del lavoro che costringe sempre più al precariato e alla ricattabilità. 

Soprattutto, morti che avvengono perché mancano i controlli. In Italia, oggi, ci sono 3 mila ispettori per controllare 3 milioni di aziende. Un ispettore ogni mille. La Corte dei conti ha
certificato che nel 2019, con questa forza-lavoro a disposizione, sono state controllate solo lo 0,48% delle aziende in Italia. 

E’ un dato che dovrebbe far balzare dalla sedia, e che certifica una carenza evidente, funzionale a creare terreno fertile per favorire (invece di limitare) irregolarità procedurali e situazioni al limite. 

È ora di voltare pagina e di istituire un potere di controllo capillare e diffuso che possa veramente fungere da deterrente a chi mette la sicurezza dei lavoratori a repentaglio, privilegiando i propri interessi. Il Recovery Fund sarà lo strumento principale per ripartire dal punto di vista economico. Ma per farlo bene, occorrerà anche vigilare meglio, con più ispettori, maggiori competenze e rinnovati margini di manovra per chi controlla. Non perdiamo questa occasione per rimettere salute e sicurezza al primo posto.