martedì 15 giugno 2010

15/06/2010 - Intercettazioni: una legge liberticida


Contro la legge anti-intercettazioni che permetterà a delinquenti della peggior specie di rimanere impuniti l'Italia dei Valori sta facendo una chiara e netta opposizione. Pochi giorni fa i "nostri" Senatori hanno occupato l'aula di Palazzo Madama; nel Paese sono e saranno organizzate numerose forme di protesta verso questo provvedimento liberticida che tronca la libertà d'informazione e spegne la luce al popolo italiano: non si potrà sapere più nulla su fatti riguardanti questo o quel politico/uomo d'affari o chiunque esso sia fino alle indagini preliminari (del caso Scajola per esempio non avremmo saputo niente).

Una pericolosa deriva verso la quale ci stiamo dirigendo in maniera lenta ed inesorabile dopo ogni legge ad personam del Presidente del Consiglio. Anche i tanto decantati finiani, dopo un inizio hard, si sono spontaneamente o spintaneamente adeguati per parola di Italo Bocchino: "meglio di così non si poteva fare" ha detto l'Onorevole dopo le ultime modifiche alla legge denominata bavaglio.

Entrando brevemente nel testo del provvedimento come non rabbrividire di fronte alla scure rappresentata dal limite massimo di 75 giorni fissato per la durata degli ascolti e dopo i quali dovranno essere chieste proroghe di 72 ore in 72 ore. Ma come si può produrre un tale aborto se si pensa che ci sono complicatissime indagini che richiedono mesi se non anni per trovare il bandolo della matassa ?!. Inoltre le pesanti multe agli editori ed ai giornalisti che sgarreranno sono un chiaro segnale d'intimidazione verso i non allineati al pensiero berlusconiano.

L'ultimo appello dell'IdV per bocca di Antonio Di Pietro è stato rivolto al Presidente della Repubblica. Confidiamo infatti che Giorgio Napolitano respinga questa legge palesemente incostituzionale e antidemocratica al mittente.

Andrea Fossati - coordinatore giovani Italia dei Valori Piacenza

lunedì 14 giugno 2010

14/06/2010 - In Italia corruzione e impunità regnano sovrane. La legge che vieta le intercettazioni può rappresentare il colpo di grazia.


Da quando è iniziata la legislatura, ogni giorno che passa non fa altro che testimoniare le numerose discutibili scelte politiche intraprese dell’attuale Governo. Cosa più eclatante, ancor’prima di risolvere i tanti bisogni della collettività, è sempre stata la spasmodica volontà di mettere in pratica qualsiasi misura volta a garantire l’immunità ai membri della cosiddetta “casta”; si è cominciato con il “Lodo Alfano”, bocciato dalla Corte Costituzionale nell’ottobre 2009, che garantiva l’improcessabilità per le quattro più alte cariche dello Stato durante tutto l’arco del quinquennio di Governo (nonostante il beneficiario effettivo fosse uno soltanto), e si è proseguito con la stesura del “legittimo impedimento”, esteso, oltre che al Presidente del Consiglio, anche ai Ministri della Repubblica.


Senza contare l’ultimo scempio rappresentato dalla legge sulle intercettazioni, con pubblicazione delle stesse impossibile fino ad udienza preliminare e pesanti multe per gli editori e i giornalisti in caso di violazione della norma. Un bavaglio in piena regola che avrà effetti devastanti sulla macchina giudiziaria e sull’informazione; tutto ciò mentre il Premier Berlusconi prosegue nello strillare a reti unificate la bontà della misura utile a lui e, prendendo spunto dal libro di Sergio Rizzo, alla cricca di politici e uomini d’affari al seguito. C’è da rabbrividire se pensiamo che con questa legge verranno lasciati impuniti numerosi crimini a scapito della sicurezza dei cittadini (tanto decantata dal centro-destra in campagna elettorale).

Non dimentichiamo poi che giacciono nel cassetto parecchie proposte per la reintroduzione dell’immunità parlamentare, abolita a furor di popolo tramite la riforma costituzionale dell’articolo 68 all’epoca di mani pulite, ma ora tornata di moda viste le vicende giudiziarie che vengono a galla ogni giorno. Le responsabilità politiche di Salvatore Cuffaro, Marcello Dell’Utri, Nicola Cosentino e Guido Bertolaso (giusto per citarne alcuni) sono state tradotte e amplificate dai mass media berlusconiani in un “fumus persecutionis” dei giudici. Da ultima e più eclatante, la vicenda di Claudio Scajola, dimessosi dal dicastero dello Sviluppo Economico perché sospettato d’aver intascato 900 mila euro in nero serviti per pagarsi una casa nelle vicinanze del Colosseo a Roma, è servita a bollarlo come “uomo con alto senso dello Stato” per il gesto compiuto. Peccato che nemmeno lui sia riuscito tutt’ora a spiegare tale anomalia (“forse la mia casa è stata pagata da altri” ha tragicomicamente detto).

A corredo di ogni vicenda restano poi le rituali e stucchevoli dichiarazioni di stima e solidarietà di questa o quella parte politica. E’ palese rilevare che senza misure severe di contrasto a questo tipo di sistema politico-affaristico la situazione della nostra povera Italia potrà solamente peggiorare.

Deve perciò tornare al centro della scena la difesa della democrazia da parte di tutti i cittadini per cercare d’arginare la deriva istituzionale in atto. Una resistenza che si pone indispensabile nei confronti di un Governo che ostacola la lotta alla corruzione, al malaffare, alle organizzazioni mafiose con leggi criminogene e con l’unico scopo di mettere a tacere le voci libere o dissenzienti.


Andrea Fossati - coordinatore giovani Italia dei Valori Piacenza

venerdì 4 giugno 2010

04/06/2010 - No alla privatizzazione dell'acqua



Posto sul blog un intervento inviato ai quotidiani locali piacentini Libertà e Cronaca nel novembre 2009, successivamente all'approvazione del DL Ronchi. Vengono spiegati sinteticamente gli effetti del provvedimento sulla gestione del servizio idrico. IDV sta cercando di abrogarlo passando per lo strumento referendario. Ecco il testo:


Il Decreto Legge Ronchi è stato approvato anche dalla Camera dei Deputati. Il gruppo dell’Italia dei Valori ha votato compattamente NO a questo scellerato provvedimento proposto dal Governo di centro-destra, che trasforma l’acqua, un bene di tutti, in una merce. E spieghiamo in quest’intervento le convinzioni del nostro perché.

“L’oro blu” come viene chiamata per farne comprendere a tutti la grandezza è un servizio pubblico locale, ma assume i connotati di vera e propria risorsa per tutta l’umanità. Dovrebbe perciò essere trattata come tale e alla stregua di un diritto umano, non come un bene economico su cui lucrare il più possibile.

Per ricollegarci a quanto scritto nelle prime righe, il Decreto legge 135/2009 che disciplina l’argomento in questione, all’articolo 15, definisce la privatizzazione dei servizi pubblici locali nell'ambito di un provvedimento “recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”, nonostante la Comunità stessa non imponga nessuna liberalizzazione dell’acqua, anzi tutto il contrario. Ricercando informazioni più dettagliate abbiamo infatti scoperto che due risoluzioni Europee, datate rispettivamente 11 marzo 2004 e 15 marzo 2006, dichiarano sostanzialmente l’opposto: nel primo documento si disciplina la “strategia per il mercato interno” ed "essendo l'acqua un bene comune dell'umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno". Nel secondo documento invece si afferma che “l'acqua è un bene comune dell'umanità e come tale l'accesso alla stessa costituisce un diritto fondamentale della persona umana….”.

Andiamo ora a spiegare dettagliatamente cosa accadrà visto che c’è stato l’ok sul provvedimento in questione anche da Montecitorio.

L'articolo 15 del suddetto D.L., intanto, rende obbligatorio il ricorso alla gare per la concessione della gestione dei servizi pubblici locali (ci sono anche rifiuti e trasporto pubblico locale). L’unica alternativa concreta è l’affidamento a società per azioni “miste” tra pubblico e privato, ma la legge da un tetto massimo del 30% alla partecipazione degli enti locali ai capitale societari.

Il successivo comma dell’articolo va ad eliminare inoltre, a partire dal 31/12/2011, tutte le gestioni IN HOUSE, cioè quegli affidamenti diretti a SPA a totale controllo pubblico.

Ragionando poi sulle cifre concrete scopriamo che la nostra rete idrica è attualmente coperta da 110 gestori, con 64 di essi totalmente a capitale pubblico e a servizio di oltre la metà della popolazione. Dai prossimi anni gli effetti di questa legge porteranno all’esistenza di sole gestioni private o miste nelle migliore delle ipotesi, con lo spettro concreto di aumenti in bolletta per i cittadini e diminuzione dei controlli per la nostra sicurezza. L’unico vero affare lo faranno di conseguenza le multinazionali straniere.

Ed è bene ricordare altresì che in tutta Europa la privatizzazione dell’acqua è stata bloccata o, come avviene in Francia, è in atto un processo di ripubblicizzazione. Negli Stati Uniti invece le reti idriche locali restano salde in mano ai municipi. In Sud America la privatizzazione dell’oro blu vide la luce quando al potere andarono dittature, come ad esempio quella di Pinochet in Cile.

Altra constatazione che facciamo è chiederci dov’era la Lega Nord quando il provvedimento è stato approvato al Senato e alla Camera. Forse i parlamentari del carroccio non ricordavano la levata di scudi di molti comuni amministrati da esponenti del loro stesso partito quando, già con la legge 133/2008, la gestione dell’acqua venne affidata al mercato. Ed è troppo comodo parlare sul filo di lana di decreto insoddisfacente (ma non l’ha firmato lo stesso Calderoli ?!).

L’Italia dei Valori sarà quindi in prima fila per impedire questa speculazione su un bene di prima necessità, memore degli effetti devastanti che portano le privatizzazioni: paghiamo ancora quelle delle autostrade con aumenti di tariffe notevolmente sproporzionati e assenza totale di investimenti.

Andrea Fossati .- coordinatore giovani IdV Piacenza

martedì 1 giugno 2010

01/06/2010 - Dalla relazione di Mario Draghi alcune considerazioni sulla disoccupazione giovanile



Il Governo italiano è caduto parecchie volte in contraddizione in questi ultimi mesi, prima negando all’infinito una crisi economica sotto gli occhi di tutti, successivamente varando una manovra correttiva di circa 24 miliardi di euro fatta di “lacrime e sangue” per, citando le parole del Sottosegretario Letta, “permetterci di non fare la fine della Grecia”. Naturalmente la colpa di questi tagli e sforbiciate è stata affibbiata, come nel più scontato dei copioni, all’Europa e alla sinistra.

Ma proseguiamo oltre per far comprendere meglio la situazione. In settimana vi è stata la relazione annuale di Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia, il quale ha rilevato come nel mercato del lavoro italiano la disoccupazione sia arrivata ad un livello altissimo, toccando quasi il 9% al marzo 2010. Dato ancor’più preoccupante che ci teniamo a sottolineare come dipartimento giovanile IdV è però l’incremento dei senza lavoro fra gli under 35, assestatosi intorno al 13%. Ma anche per chi trova un occupazione la situazione non è delle più rosee: spulciando uno degli ultimi studi OCSE effettuati abbiamo inoltre scoperto come la retribuzione di un neo-laureato italiano sia di gran lunga più bassa rispetto ad un suo pari grado introdotto nel mondo del lavoro in qualsiasi altro Stato europeo.

Giovani abbandonati a se stessi quindi; vittime per necessità della precarietà e, in certi casi, dello sfruttamento. La flessibilità in Italia è quindi percepita come una costrizione e non come una possibilità, in altre parole il posto fisso resta per la maggior parte un sogno. Si va avanti a colpi di contratti a termine che chissà se verranno rinnovati. A catena si manifesta quindi l’impossibilità di permettersi una vita autonoma, quindi affittare una casa oppure metter su famiglia restano chimere. E si rimane così per necessità a vivere con i genitori.
Certamente la situazione è allarmante ma non ci deve tuttavia meravigliare; in un Paese dove le clientele e le raccomandazioni regnano sovrane (a scapito del merito) e dove le politiche giovanili sono merce rara cosa ci potremmo mai aspettare ? Potremmo invece dire realisticamente che se non s’investe maggiormente in scuola, università e specializzazione con una razionalizzazione delle spese e degli sprechi la situazione non potrà far altro che peggiorare col passare del tempo, con sempre più giovani a gravare sulla popolazione attiva e con un sistema che rischia l’implosione fra poche decine d’anni. Ci sentiamo quindi di dire che la politica deve agire in fretta mettendo altresì in campo misure concrete volte a favorire l’inserimento e la successiva tutela nel mondo del lavoro dei giovani, agendo con idonei incentivi sulle imprese che investono e assumono lavoratori a tempo indeterminato. I soldi per far ciò si potrebbero trovare in breve termine con una lotta alla corruzione e all’evasione, veri cancri che bloccano lo sviluppo e la competitività del nostro mercato. Affinchè il lavoro resti un diritto di tutti.

Giovani Italia dei Valori Piacenza