lunedì 14 giugno 2010

14/06/2010 - In Italia corruzione e impunità regnano sovrane. La legge che vieta le intercettazioni può rappresentare il colpo di grazia.


Da quando è iniziata la legislatura, ogni giorno che passa non fa altro che testimoniare le numerose discutibili scelte politiche intraprese dell’attuale Governo. Cosa più eclatante, ancor’prima di risolvere i tanti bisogni della collettività, è sempre stata la spasmodica volontà di mettere in pratica qualsiasi misura volta a garantire l’immunità ai membri della cosiddetta “casta”; si è cominciato con il “Lodo Alfano”, bocciato dalla Corte Costituzionale nell’ottobre 2009, che garantiva l’improcessabilità per le quattro più alte cariche dello Stato durante tutto l’arco del quinquennio di Governo (nonostante il beneficiario effettivo fosse uno soltanto), e si è proseguito con la stesura del “legittimo impedimento”, esteso, oltre che al Presidente del Consiglio, anche ai Ministri della Repubblica.


Senza contare l’ultimo scempio rappresentato dalla legge sulle intercettazioni, con pubblicazione delle stesse impossibile fino ad udienza preliminare e pesanti multe per gli editori e i giornalisti in caso di violazione della norma. Un bavaglio in piena regola che avrà effetti devastanti sulla macchina giudiziaria e sull’informazione; tutto ciò mentre il Premier Berlusconi prosegue nello strillare a reti unificate la bontà della misura utile a lui e, prendendo spunto dal libro di Sergio Rizzo, alla cricca di politici e uomini d’affari al seguito. C’è da rabbrividire se pensiamo che con questa legge verranno lasciati impuniti numerosi crimini a scapito della sicurezza dei cittadini (tanto decantata dal centro-destra in campagna elettorale).

Non dimentichiamo poi che giacciono nel cassetto parecchie proposte per la reintroduzione dell’immunità parlamentare, abolita a furor di popolo tramite la riforma costituzionale dell’articolo 68 all’epoca di mani pulite, ma ora tornata di moda viste le vicende giudiziarie che vengono a galla ogni giorno. Le responsabilità politiche di Salvatore Cuffaro, Marcello Dell’Utri, Nicola Cosentino e Guido Bertolaso (giusto per citarne alcuni) sono state tradotte e amplificate dai mass media berlusconiani in un “fumus persecutionis” dei giudici. Da ultima e più eclatante, la vicenda di Claudio Scajola, dimessosi dal dicastero dello Sviluppo Economico perché sospettato d’aver intascato 900 mila euro in nero serviti per pagarsi una casa nelle vicinanze del Colosseo a Roma, è servita a bollarlo come “uomo con alto senso dello Stato” per il gesto compiuto. Peccato che nemmeno lui sia riuscito tutt’ora a spiegare tale anomalia (“forse la mia casa è stata pagata da altri” ha tragicomicamente detto).

A corredo di ogni vicenda restano poi le rituali e stucchevoli dichiarazioni di stima e solidarietà di questa o quella parte politica. E’ palese rilevare che senza misure severe di contrasto a questo tipo di sistema politico-affaristico la situazione della nostra povera Italia potrà solamente peggiorare.

Deve perciò tornare al centro della scena la difesa della democrazia da parte di tutti i cittadini per cercare d’arginare la deriva istituzionale in atto. Una resistenza che si pone indispensabile nei confronti di un Governo che ostacola la lotta alla corruzione, al malaffare, alle organizzazioni mafiose con leggi criminogene e con l’unico scopo di mettere a tacere le voci libere o dissenzienti.


Andrea Fossati - coordinatore giovani Italia dei Valori Piacenza

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